mercoledì 27 agosto 2008

LA DONNA AL MARE-STORIA DEL COSTUME DA BAGNO

LA DONNA AL MARE-STORIA DEL COSTUME DA BAGNO
1825Maria Carolina di Berry, moglie di Carlo Ferdinando di Borbone è considerata la prima bagnante della storia : suscita scalpore andando in mare con un abito di lana pesante, calze e scarpe di vernice. Scandaloso perché le dame dell'epoca si fanno solo lambire dall'acqua e si fanno accompagnare in carrozza fino sul bagnasciuga.

Fino al 1870
Le bagnanti raccolgono i capelli in una cuffia "rinascimentale" : il costume da bagno è un abito a gonne sovrapposte: si va in acqua completamente vestite

Fine '800
L'abito da bagno non arriva fino a terra e per le gambe si creano speciali calze e scarpe con la suola in cuoio forato

Primi '900
I costumi da bagno sono estremamente casti ma addirittura audaci se paragonati a quelli del decennio precedente

1910
I costumi sono estremamente curati ma esposti agli sguardi di pochi: dalla cabina al mare si indossa infatti un lungo accappatoio

1915
I costumi disegnati da Erté si ispirano a quelli teatrali

anni '20
Poiret trasforma definitivamente i costumi da bagno che diventano tuniche in maglia (e non più in tessuti pesanti) da indossare su pantaloni attillati fino alla coscia.

1925
La donna "garçonne" va al mare con la culotte più corta e denudando la schiena che può quindi abbronzarsi.
In Italia la politica arriva anche sulle spiagge e le bagnanti spesso portano sul seno un grande ritratto di Mussolini.

1929
Uno fra i progenitori del bikini può essere considerato il costume da bagno ideato da un'eccentrica inglese. Lady Mendl, ospite assidua del Lido di Venezia indossava una mutandina nera e sopra a questa, sul petto e sui fianchi, annodava due fazzoletti.

Anni '30
- Introduzione del primo tessuto elasticizzato con filo di lattice di gomma.
- I produttori leader americani sono: Jantzen (marchio fondato nel 1910), Catalina (azienda famosa per la biancheria intima) e Cole. "Testimonial "più importante della Cole è Esther Williams, mentre quello della Jantzen è Marilyn Monroe. Per la Catalina posano invece Bette Davis, Olivia de Havilland e Rita Hayworth.
- Catalina inserisce il lastex al posto del jersey.
- Arriva anche in Italia - dagli USA - il costume intero scollato che lascia nude gambe e braccia: è la nuova divisa della "sirenetta".

1932
Compaiono gli antesignani del bikini: ancora molto casti hanno i pantaloncini staccati dal pezzo di sopra cui restano attaccati da un semplice triangolo di tessuto.
Gran parte dei costumi da bagno sono realizzati in lana, a ferri.
In Italia Marta Abba fa scandalo a Castiglioncello indossando un due pezzi.

1933
René Grau disegna dei due pezzi in maglia di lana Dazza in cui il sopra è elegantemente unito al sotto da tagli ad arco.

1934
Sulla copertina di Vogue appare un precursore del topless (illustrazione di Lepape - modello di Paul Poiret)

1939
Fra i costumi Jantzen - i più noti all'epoca - compare un castigatissimo due pezzi che copre l'ombelico

Anni '40
L'abbronzatura diventa status symbol e il costume da bagno-moda è quello stile Hollywood.

1941
Greta Garbo in "La donna dai due volti" sfoggia un due pezzi di maglia nera: mutandina alta e reggiseno simile a quello intimo. Sempre molto castigato, ma considerato audace.

30 giugno 1946
Esperimento nucleare americano nell'atollo Bikini.

3 luglio 1946
Louis Réard (stilista francese nato a Lille nel 1896) presenta nella sua collezione da bagno, alla piscina Molitor di Parigi, un due pezzi audace battezzato "Bikini". Sceglie questo nome perché ritiene il capo "esplosivo" come la bomba atomica sperimentata quattro giorni prima sull'atollo omonimo. È considerato audace non tanto perché è un due pezzi, ma perché scopre l'ombelico considerato fino ad allora il confine del comune senso del pudore. Una curiosità: Réard non permise mai alla moglie Marcelle di indossare il bikini
10 luglio 1946
Réard deposita il marchio di un modello due pezzi.

1946
Un costume da bagno uguale al bikini - battezzato "Atome" viene creato da Jacques Heim - che diventerà il sarto di M.me De Gaulle: in precedenza aveva lanciato il pareo ed il cotone per i costumi da bagno
Sempre nel corso del 1946 Silvana Pampanini - allora ventunenne in vacanza a Parigi - va a trovare Réard. A lui mostra il suo stupendo corpo che "merita " un bikini. La Pampanini vuole indossarlo al concorso di Miss Italia ma le viene sconsigliato è davvero troppo audace. Evita quindi di sfoggiarlo per le sfilate ufficiali, ma lo indossa in piscina. Al Concorso vince ex equo con Rossana Martini.
I bikini dell'epoca sono caratterizzati da decorazioni applicate (spesso fiori) oppure sono realizzati all'uncinetto. Popolari le decorazioni con gli animali.
Esther Williams dichiara che non lo indosserà mai perché - dice - "È da vecchi maiali guardoni".
Il catalogo americano "Sears & Roebuck" accetta di mettere in vendita il due pezzi a condizione che l'ombelico delle modelle sia ritoccato dai fotografi.
L'offerta di tessuti per costumi da bagno comprende rayon e crêpe.
1947
Indossano il bikini la ballerina francese Micheline Bernardin (che - dicono le cronache - colleziona cinquantamila proposte di matrimonio) e l'attrice italiana Adriana Benetti (specializzata in ruoli da ingenua) che, fotografata da "Tempo Illustrato", suscita scandalo.
Concorso Miss Italia: le ragazze indossano dei due pezzi talmente casti da divenire antiestetici: la mutandina somiglia ad uno short piuttosto che a uno slip. Sophia Loren, però, tre anni dopo, con uno di questi costumi fa ugualmente parlare di sè.

1934
Elle pubblica tre modelli molto audaci e soprattutto molto sgambati.
Il due pezzi è ormai prodotto dalle case specializzate in costumi da bagno

Anni '50
Italia: il ministro degli interni Scelba manda i poliziotti sulle spiagge per controllare - metro alla mano - che l'altezza del bikini sia "regolamentare".
La principessa Margaret suscita scalpore, fotografata in due pezzi mentre scende dallo yatch di un magnate dell'epoca sulla Costa Smeralda.
Si comincia ad usare il nylon per i costumi da bagno.
Si chiama "Helance" la nuova fibra in nylon testurizzato: è più leggera e si asciuga prima.
Sono gli anni delle maggiorate: il costume è uno strumento per modellare ed evidenziare le "parti migliori".

1950
Fath usa il jersey di cotone: il suo bikini a righe ha tre stringhe sui fianchi.
Gina Lollobrigida "fa il gran passo" e mostra l'ombelico grazie ad un bikini a pois con il quale si fa fotografare in una piscina romana: nonostante il reggiseno sia più che coprente e lo slip sia un mini-pareo il bikini ha ancora il fascino del proibito. Si dice che proprio grazie a questa foto la Lollo venga chiamata in America dal produttore Hughes. Firma un contratto e gira il film "Trapezio".
A Capri furoreggiano gli short. Le signore vanno in spiaggia con costumi interi drappeggiati e grandi cappelli di paglia.

1952
Si creano costumi in tessuti arricciati da elastici.
La Cole of California lancia il lastex stampato con molte varianti.
I costumi sono fascianti e hanno delle stecche inserite nel tessuto per evidenziare la silhouette.

1953
Marilyn Monroe indossa un castigato bikini e si fa fotografare sulla spiaggia di Malibu. L'attrice però non scopre l'ombelico. Non lo scoprirà neppure nelle celebri fotografie del '55 in cui indossa un due pezzi a pois con tanto di microgonnellina con le ruches.
Molto più sfrontata Brigitte Bardot che indossa un minimo bikini quando il 12 maggio nella baia di Cannes visita - su invito del comandante - la portaerei Enterprise: è accompagnata dal marito Roger Vadim che (raccontano dell'episodio nel suo libro "Bardot, Deneuve, Fonda") definisce il costume "Un'ombra piuttosto che indumento" e conclude "Quando lasciò la nave Brigitte si era fatta duemila amici".
I tessuti più usati per il costume da bagno intero sono la maglia elasticizzata e setificata, il lastex, il cotone ondulato e il lastex ad effetto increspato.
Louis Réard lancia il reggiseno Disco Volante che si regge senza bretelle e, con quarant'anni di anticipo rispetto al successo internazionale, lancia la guaina Sexyform che sostiene le natiche.
1954
Rudi Gernreich - stilista austriaco che vive in America - lancia un costume di maglia senza la coppa al reggiseno. Gernreich sarà sempre molto attento a creare capi che lascino liberi i movimenti e non costringano il corpo.

1955
Diana Dors si fa fotografare a Venezia in bilico su una gondola. Indossa un bikini in visone con le bretelle ed i laccetti in strass (portato con zoccoli di legno dai tacchi altissimi).
1956
Il più "osé" dei bikini italiani è quello di Marisa Allasio in "Poveri ma belli". È già da un pezzo, però, che le nordiche sfoggiano bikini sulle spiagge del Bel Paese.
Anita Ekberg sfoggia ad Ostia un tanga ed un ridotto bikini: finisce in caserma tra i fischi delle signore sulla spiaggia.

1958
La Du Pont - gruppo industriale chimico americano - introduce la fibra artificiale Lycra.

Anni '60
Il bikini è finalmente accettato nelle spiagge e nelle piscine pubbliche americane.
Il due pezzi è arricchito da frange e da volant.
Le Sorelle Fontana lanciano il costume "cabina". Ha un grande cappuccio che arriva alla coscia.
Il bikini comincia ad avere una sua moda stagionale. Molto "trendy" le coppette imbottite e le mutandine a triangolo, i decori in metallo e in plastica, i ricami in perline e i trafori all'uncinetto. Status symbol marinari i bikini in jersey di seta stampata di Emilio Pucci e quelli di Ken Scott a fiori.
Mila Schön lancia il "costume da bagno da sera". È in tulle bianco ricamato con strass e paillettes e ha le mutandine e un top asimmetrico.
Nasce il Lycra più nylon.

1961
Diventa popolare (e simbolico) il bikini di Stefania Sandrelli nel film "Divorzio all'italiana".

metà anni '60
Il reggiseno del bikini diventa un corpino dallo scollo tondo: prende il nome di Saint Tropez dal posto dove nasce.

20 giugno 1964
Nasce il topless. La modella americana, Tony Lee Shelley sulle rive del lago Michigan si presenta con dei pantaloncini corti, alti in vita e sostenuti da due bretelline incrociate sul seno nudo.

1964
Rudi Gernreich lancia il monokini e fa scandalo. L'evento, a suo giudizio, preclude l'avvento del nudismo che avverrà entro i successivi cinque anni.Altre fonti sostengono che l'ideatore del monokini sia stato sempre Réard.

1965
Marie Claire realizza foto di bikini "en plein air" alle Bahamas-Martinica.

1967
Sono le attrici a fornire un "aperitivo" di monokini. Laura Antonelli si fa fotografare in mini slip (con catena) e sostituisce il reggiseno con una esile collana floreale posta in modo da coprire i capezzoli. Ursula Andress si fa invece immortalare in mare (onde alla coscia) con il seno nudo. È l'esaltazione delle femminilità.

1968
In Francia già si parla di "très bikini", ovvero il bikini ridotto al minimo, ma intanto sulla spiaggia di Saint Tropez si passa direttamente al monokini.
La Parah lancia una linea di costumi da bagno in filanca.

1968
Sergio Soldano - estroso pellicciaio - presenta il bikini in zebra africana con riporto in pelle verde ai bordi e il due pezzi con gonnellini in visone palomino canadese.
Per gli amanti delle escursioni subacquee c'è invece la muta in lontra d'Alaska.
Si torna a proporre il costume intero in versioni olimpioniche.

Anni '70
Fiorucci lancia il bikini di carta che - pare - lascia passare i raggi del sole.
Rudi Geinreich inventa il "thong" (letteralmente: cinghia) ovvero una versione del tanga più sofisticato e costituito da bretelline.
Il topless cessa di suscitare clamore, soprattutto sulle spiagge francesi. Sul fronte delle proposte-moda la corsa è verso gli estremi: nudismo o costumi interi, elaborati e coprenti.

1970
B.B. sulla spiaggia. In una pausa di "Le Novizie" si fa fotografare con un bikini di rete ed un abito religioso gettato a terra. Nella sequenza fotografica si vede la Bardot che conserva solo il copricapo da suora e, voltatasi di schiena, si fa immortalare mentre leva anche l'ultimo indumento: lo slip.

1972
Olimpiadi a Monaco. Il costume da bagno in jersey quasi trasparente ispira la nuova moda di capi da mare aderentissimi realizzati in finissimo tricot di nylon e Lycra.

Giugno 1972
Una ragazza carioca inventa il tanga stracciando il suo costume per fare colpo ad un ballo in maschera sulla spiaggia di Ipanema. Un mese dopo il boom: tutte lo indossano come costume da bagno.
Ma è davvero sconosciuta la "maternità" del tanga? Secondo alcune fonti il più ridotto fra i costumi da bagno venne invece lanciato dallo stilista italiano Carlo Ficcardi o dal brasiliano Ricardo Amato.
Numerose le etimologie di Tanga. Eccone alcune:
- nome derivato dall'omonima città e porto della Tanzania.
- voce tupi, adottata dal portoghese, usata dai Tapuya, tribù indigena del Brasile, per indicare il minuscolo coprisesso femminile di alcune terracotte antiche.
- di origine africana la parola deriverebbe dal dialetto Kimbundo dell'Africa Occidentale. Il significato? "Pannolino". Sarebbero stati gli schiavi neri sbracati sulle coste brasiliane ad importarne l'uso femminile e la parola.

1973
In Italia partono le prime denunce per topless. Solo quattro anni dopo due ragazze, sorprese in monokini sulla spiaggia di Voltri, verranno assolte.

Maggio 1977
Su Vogue viene pubblicata la foto di una ragazza in tanga che ha dimenticato anche il reggiseno.

1979
La Parah lancia una campagna pubblicitaria che punta sul monokini.

Anni '80
Il costume da bagno è più che mai moda. I modelli sono sempre più sgambati e i tessuti più usati sono tricot di nylon e Lycra.
Forte la reazione al nudismo: tornano in auge il costume intero ed i due pezzi castigati.

1983
Cessano in Italia le condanne per le ragazze che sfoggiano il topless.

1985
Per il bikini non è più questione di centimetri: vanno di moda quelli - ridottissimi quasi primitivi talvolta realizzati in pelle e con decorazioni tribali. Molto usata la spugna ma anche l'alcantara.

1987
Saint Laurent lancia il bikini da sera in lamé e velluto.

1988
Quando ormai lo scandalo suscitato dal bikini è solo un pallido ricordo, fallisce la Ditta Réard; lo stilista però è gia scomparso il 16 Settembre di quattro anni prima.

Anni '90
Mentre la moda rilancia l'intero, il bikini resta il costume da bagno più venduto.
Il costume intero torna prepotentemente alla ribalta. Si trasforma e diventa body da spiaggia ma anche corpino per l'abito per sera. Molto spesso è decorato e impreziosito da ricami.

1991
Hermès ripropone il corpetto Saint Tropez.

1992
La Cole lancia le coppe del bikini provviste di una camera d'aria rivestita plastica gonfiabile grazie ad una pompetta posta al centro del reggiseno.

1994
Naf Naf lancia costume in poliestere e Lycra che - si dice - lascia passare i raggi UVA.

1995
Torna di moda il costume intero anni '40 con il busto scolpito e i drappeggi fascianti.
I reggiseni push up, dopo aver spopolato nella biancheria intima invadono anche il campo dei bikini.
E per nascondere i difetti ecco il reggiseno con imbottitura anatomica che non trattiene l'acqua e lo slip che trattiene la pancia.
La Parah lancia il bikini in vero pitone idrorepellente con gocce di PVC - effetto cascata d'acqua - sulla Lycra.
Torna in auge il bikini anni '50, ma le signore continuano a preferire per la spiaggia i due pezzi molto ridotti mentre il costume intero è sempre più coprente.

1996
Il bikini ridottissimo perde quota: nel generale revival di moda lo slip può cedere il passo a mutandine che arrivano a coprire l'ombelico (come quelle del dopoguerra)o che sono comunque coprenti come quelle di Positano anni '60; tornano in auge i quadrettati Vichy.

--<fonte modaonline>--

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Proseguendo poi con una storia dagli esordi ad oggi, dal primo bagno all'era del tanga

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Estate 1812: Dieppe, in Normandia. Sulla spiaggia che si apre sul Mare del Nord, una comitiva si avvicina alla battigia. Siamo ad agosto, una giornata insolitamente afosa per questi luoghi. Ma la gran signora attorno alla quale si danno da fare paggi e dame di corte è vestita da capo a piedi. Letteralmente: completo di lana color cioccolato, con tunica e pantaloni fino ai piedi, non sia mai che si possano intravedere le forme del corpo. Così agghindata, la regina d'Olanda Ortensia di Beauharnais sfida le onde, e si immerge, seguita dal codazzo di servitori, tra i quali spicca il medico personale. E', il suo, il primo bagno di mare, praticato con l'intento di giovarsi dei «benefici della talassoterapia» della storia. Un privilegio riservato a nobili e altoborghesi, ovviamente. Ma non ancora il bagno di mare «in costume», ovvero con un abito apposito che darà il via all'era delle vacanze sulla spiaggia che perdura ancora oggi.

NUOVA MODA - La nuova «moda» è inaugurata qualche anno dopo, nel 1824, da un'altra nobile, Carolina di Berry, figlia di Francesco I, moglie di Carlo Ferdinando di Borbone. E' lei la prima donna a indossare un vestito «studiato» apposta per entrare in acqua. Questo: cappello, ombrello, guanti, abito di panno pesante, calze di lana e scarpe di vernice. Il perché non è difficile da intuire: per nessuna ragione al mondo occhi terzi, in spiaggia, o magari da bordo di una barca di pescatori, avrebbero dovuto sbirciare centimetri di pelle - bianchissima - della regal dama. Tanto meno indovinare le forme da vestiti bagnati troppo leggeri che avrebbero certamente aderito al corpo, diventando (addirittura!) trasparenti. In più, occorreva, al tempo, ripararsi in tutti i modi possibili dal sole: la pelle abbronzata, era l'idea dell'epoca, si addice solo agli umili: pescatori o contadini, costretti a lavorare con le mani.

STABILIMENTI - Da allora, non senza scandalo e accesi dibattiti sui giornali, le vacanze estive al mare diventarono un'abitudine per sempre più persone (di un certo censo, ovviamente) che potevano contare su stabilimenti, rifugi, ristoranti, che andavano moltiplicandosi nella località marine ritenute più salubri. Attorno al 1860, ebbe inizio, a imitazione di quanto avveniva più a Nord in Europa, anche la colonizzazione dei litorali italiani, fino ad allora «ignorati» da una popolazione piuttosto diffidente nei confronti del mare. In acqua, comunque, si entrava vestiti da capo a piedi. Il sole era un «fastidio» dal quale proteggersi. Bisognerà attendere l'ultimo decennio del secolo per cominciare a vedere qualche cambiamento.

COSTUMI INTERI - La necessità di muoversi tra sabbia e mare, tuttavia, spinse le donne più «ardite» ad accorciare o togliere sottovesti e corsetti di troppo (cosa che influenzerà anche la moda da città). Dal 1890, i vestiti da bagno «arretrano». Gonne e pantaloni si ritirano fino al ginocchio. Quasi d'obbligo sfoggiare - è unisex - il colletto alla marinara. Ma gli uomini sono in vantaggio: a loro è possibile indossare un vero e proprio costume intero con manica e pantaloni a tre quarti, in tinta unita o a riche trasversali. Il dado è tratto. Si tratta solo di attendere ancora qualche anno. Nel 1904, arriva la «révolution Poiret»: il celebre sarto parigino decreta la fine di busti e corsetti. Nulla doveva essere frapposto tra la maglia e la pelle. Dove provare simili, immorali capi d'abbigliamento se non in spiaggia, il luogo della «trasgressione autorizzata»?

SECONDA RIVOLUZIONE - Certo, la strada è ormai segnata. Le tappe, chiare: accorciare, dimuinuire, scoprire. Ma la storia del costume (da bagno) non è lineare. Un passo avanti, due indietro. Nel 1906, la nuotatrice australiana Annette Kellerman durante una esibizione negli Stati Uniti si presenta con un costume intero, semplice e funzionale, che lasciava scoperte le cosce. Fu subito arrestata, multata e rimpatriata. Nel 1920 Coco Chanel si fa portabandiera di un cambiamento radicale. Fece scoprire a tutti, che uomini e donne erano più belli con la pelle abbronzata. La sua donna, in particolare, veste pantaloncini corti, ha le braccia nude, la scollatura decisa. Su una rivista qualcuno lancia l'allarme: «I costumi da bagno tendono a zero. Trionfo della nudità. Cosa sarà nel 1933?». In realtà, per la successiva rivoluzione si dovrà attendere la fine della Seconda guerra mondiale e la nascita del divismo. Il due pezzi è in arrivo.

All'inizio fu una bomba. Anzi, due bombe: quelle all'idrogeno sganciate nel luglio del 1946 dagli americani su un atollo della Micronesia. Bikini, per l'appunto. Pochi giorni dopo, un geniale quanto sconosciuto sarto francese, Louis Réard, sgancia dai bordi della piscina Molitor di Parigi una nuova moda per l'estate: invece del costume intero, faticosa conquista di decenni di «lotte femminili», un due pezzi destinato ad avere l'effetto di una bomba sulle usanze dell'epoca. E che dunque decise di chiamare «bikini».

DUE PEZZI - La storia del due pezzi comincia nel Dopoguerra. Ed è indissolubilmente legata ad alcuni dei nomi più seduttivi della storia italiana e internazionale: le dive del cinema. Fu Lucia Bosè (foto sotto a sinistra), nel 1947, a far conoscere agli italiani il brivido da bikini, dalla passerella di Miss Italia che la premiò con il titolo. Ma si trattava di un costume che oggi (certo non allora!) potremmo definire «da educanda»: lo slip, per esempio, copriva con attenzione l'ombelico. Mai tabù sono fatti per essere sfidati. Era stata «La scandalosa Gilda», ovvero Rita Hayworth, l'anno precedente, a far cadere per prima il tabù ombelicale.

USANZA - Una nuova usanza che ben si sarebbe sposata con il nascente due pezzi. E forse non è un caso che su una delle bombe sganciate sull'atollo, qualche soldato sedotto da Rita Hayworth attaccò proprio una foto di Gilda danzante. Scoppiò così la moda del bikini tra le donne dello spettacolo, «perfido» strumento di seduzione che però stentava a decollare tra le donne «normali»: tramontata l'epoca delle monarchie, la spiaggia era ormai un luogo aperto a tutti. Ma l'atteggiamento verso la nudità, cioè il comune senso del pudore, per quanto in evoluzione, viveva continui arretramenti. Presi di petto, è il caso di dirlo, dalle ragazze più libere che non temevano la riprovazione popolare (o delle autorità) indossando il bikini. Ma non tutte erano così.

CONTRATTO - Anche qualche diva stentava a osare. Come l'ex campionessa di nuoto Esther Williams che, negli anni '50, si rifiutava di indossarlo nei suoi film. Almeno, fin quando non furono i produttori hollywoodiani a imporglielo per contratto. In Italia, il seducente costume fu sdoganato da Sofia Loren , che con un due pezzi di raso sbaragliò la concorrenza vincendo il titolo di Miss Eleganza nel 1950.

FASCINO - Furono quindi altre due vere bombe di fascino a portare il bikini in giro per il mondo: Brigitte Bardot (foto a destra), a metà degli anni Cinquanta, dalle spiagge mai così calde di Saint-Tropez, e Marilyn Monroe, che nel film «Niagara» (1953) riuscì nell'ardua impresa di togliere il fiato al mondo. Ma ci volle un tocco «regale», ancora una volta, alla fine del decennio, per convincere tutti che il bikini poteva rientrare a buon titolo nei costumi occidentali: Margaret d'Inghilterra, figlia della regina Elisabetta, non si fece alcun scrupolo a farsi immortalare in due pezzi mentre sbarcava dallo yacht dell'Aga Khan a Porto Cervo. E se poteva permetterselo una nobile.

MERAVIGLIE - Da allora nessuna donna italiana se la sentì di rinunciare a questo costume delle meraviglie. Che ha conosciuto diverse evoluzioni in stile e forme e ha «resistito» all'assalto del topless, mera variazione sul tema: è un bikini senza parte superiore, ovvero un monokini. n sostanza, tutatvia, il bikini è rimasto sostanzialmente invariato fino agli anni '70 del secolo scorso, quando il percorso della sua evoluzione ha conosciuto l'ultima variazione possibile (nudità integrale a parte): il tanga.

C'è da chiedersi che cosa avrebbe pensato Ortensia di Beauharnais, regina d'Olanda se, in vita sua, avesse mai potuto incrociare lo sguardo, lei vestita da capo a piedi nella sua improbabile tenuta da spiaggia, con una bagnante di oggi, coperta (si fa per dire) di un tanga con microreggiseno. La domanda, paradossale quando si vuole, è utile tuttavia per comprendere quali tabù e pudori culturali siano stati abbattuti o superati negli ultimi due secoli di storia. Dai tempi in cui si mostrava, e nemmeno sempre, solo il volto, a quelli in cui quasi tutto è visibile (l'intuito è lasciato per altre cose).

LEGGENDA - Può sembrare una curiosità. Ma anche il tanga ha la sua storia. La leggenda vuole che il primo costume di questo tipo sia nato a Ipanema, la spiaggia di Rio de Janeiro, nel 1972. La prima a ideare e indossare questo ridotto costume da bagno sembra sia stata la signora Rose di Primo, una brasiliana, italiana di origine, che avrebbe fatto da sola delle modifiche al suo costume per farsi notare in una festa in spiaggia. La leggenda dice anche che Rose, sconvolta dallo scandalo da lei stessa creato, si sia successivamente chiusa in convento. In ogni caso, da quel momento, le giovani (e meno giovani) brasiliane facero a gara nell'indossare il «filo interdental», sinonimo senza bisogno di traduzione, più colorato e succinto si potesse trovare in vendita.

MIGRAZIONI - Inutile dire che, almeno all'inizio, sull'onda di reportage e documentari che, con la scusa del fenomeno di costume (appunto), mostravano decine di ragazze in tanga sulle spiagge assolate di Rio e del resto del Brasile, si produsse un movimento, quasi una migrazione, di giovani occidentali verso il Paese sudamericano. Mentre il costume in questione stentò, forse per la sua natura intrinsecamente provocatoria, a ritagliarsi una fetta di mercato in Europa. Nei primi anni: oggi da Rimini e Cefalù, non mancano gli esempi di tanga indossati dalle bellezze nostrane. Anche se la maggior parte (vedi sondaggio) delle ragazze italiane sembra ancora preferire il più tradizionale bikini.

INTIMO - Ma la storia del tanga, e questo è l'aspetto più curioso (dal punto di vista del costume, inteso come fenomeno sociale), non si è fermata sulla battigia. Il costume (il capo d'abbigliamento) ha infatti lasciato le spiagge per trasformarsi in uno degli oggetti di intimo più venduti nel mondo. Con un giro d'affari di svariati miliardi di dollari. Già, perché l'estate, almeno in Europa, è breve. Le vacanze ancor di più. Mentre il successo riscosso dall'invenzione della signora Rose è stato tanto travolgente da superare i limiti imposti dalla bella stagione. Responsabile della «conversione» è questa volta uno stilista americano, Frederick Mellinger, che, sotto il marchio californiano Frederick's of Hollywood, lo lanciò nell'agosto 1981 ispirandosi all'omonimo e trasgressivo costume da bagno popolare sulle spiagge brasiliane. Ecco dunque che come capo intimo, come microslip, insomma, può ora essere indossato in qualunque momento dell'anno sotto gonne o pantaloni attillati. Il gio

co della seduzione non vuole limiti.
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